Asl indebitate fino al collo, 5 mld solo per dispositivi medici

[banner size=”125X125″ align=”alignright”](Adnkronos Salute) – Un mare di soldi in sospeso. Oltre cinque miliardi di crediti insoluti. E’ questo il volume complessivo dei debiti a carico di Asl e ospedali nei confronti delle aziende biomedicali, imprese che forniscono attrezzature elettromedicali, strumentazioni diagnostiche, siringhe, garze, bende e quant’altro. Una montagna di fatture insolute, concentrate soprattutto in quattro regioni: Campania, Lazio, Piemonte e Calabria. E’ quanto emerge dalla stima aggiornata al 31 gennaio 2013 da Assobiomedica, l’Associazione che riunisce circa 300 aziende di tecnologia biomedicale e diagnostica, in possesso dell’Adnkronos Salute. Numeri impressionanti, che fanno tremare i conti pubblici. Anche perché tra i debiti delle Asl non ci sono solo i debiti nei confronti delle aziende biomedicali. Nel ‘profondo rosso’ dei conti del Servizio sanitario nazionale ci sono da considerare anche altri passivi, ad esempio quelli nei confronti delle imprese che offrono agli ospedali una serie di servizi fondamentali quali lavanderia, pulizia, gestione mensa, manutenzione, gestione rifiuti e farmaci. Sui medicinali, l’analisi che fa Farmindustria è eloquente: l’ammontare complessivo dei crediti del settore farmaceutico nei confronti della Pa, al 31 dicembre 2012, è pari a circa 4 miliardi. I crediti nei confronti delle Regioni sottoposte a Piani di rientro ammontano a circa il 60% del totale. Circa il 76% dei crediti è riferito a Regioni che hanno tempi di pagamenti superiori ai 200 giorni. Le Regioni dove si riscontrano i maggiori ritardi nei pagamenti sono Molise, Calabria, Lazio (293), Campania (271) e Piemonte (253). Alla fine della fiera, tra farmaci, beni e servizi, il totale del debito del Ssn nei confronti dei fornitori è, secondo la Corte dei Conti, di circa 40 miliardi di euro. Insomma, una montagna di fatture insolute che le aziende hanno però difficoltà a farsi liquidare dallo Stato. E’ il caso ad esempio delle imprese che forniscono le Asl e gli ospedali delle regioni in piano di rientro sanitario. Ebbene, queste imprese non possono neanche reclamare con forza i loro crediti attraverso azioni di pignoramento. Nelle regioni con i conti in rosso in sanità vige infatti la norma dell’impignorabilità. E, manco a dirlo, sono proprio quelle regioni che pagano più in ritardo i propri fornitori. Qualche esempio? In Calabria le aziende biomedicali aspettano mediamente 922 giorni, praticamente 2 anni e mezzo, prima di veder saldate le proprie fatture. Lo stesso in Molise (921 giorni). In Campania l’attesa è di circa 2 anni (682 giorni). Ma va male anche nel Lazio e in Piemonte, dove per incassare i pagamenti si aspetta mediamente circa 1 anno: rispettivamente 332 e 306 giorni. Tempi biblici, insomma, malgrado una direttiva europea imponga alla Pubblica amministrazione 60 giorni di tempo per il pagamento delle fatture ai fornitori. Poche le note liete. A rispettare, più o meno, i tempi stabiliti dalla legge sono poche Asl, concentrate soprattutto in tre regioni: Trentino Alto Adige, Valle D’Aosta e Friuli Venezia Giulia. In Trentino l’attesa media è di 80 giorni, in Valle d’Aosta e in Friuli Venezia Giulia, invece, è rispettivamente di 83 e 88 giorni. E non mancano i casi limite. L’Asl 1 di Napoli, ad esempio, secondo una tabella Assobiomedica aggiornata al 31 dicembre 2012, detiene un triste record: impiega anche 1.621 giorni prima di pagare una fattura. In pratica oltre 4 anni. Sempre in Campania c’è l’Università Federico II con 1.471 giorni; l’Asl di Salerno 1.393 giorni; l’Azienda Ospedaliera Sebastiano di Caserta 1.374 giorni. Analizzando la tabella, non mancano poi le sorprese. Ad esempio tra le Asl più ritardatarie c’è l’Asl 1 di Massa Carrara, un’azienda toscana, regione da sempre considerata una tra le più virtuose in sanità. In questa triste classifica troviamo anche una struttura piemontese: l’Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità di Novara fa ‘penare’ i suoi fornitori oltre 15 mesi (471 giorni). Secondo l’analisi di Assobiomedica, solo per i dispositivi medici l’ammontare complessivo dei debiti a carico delle Asl è di 5 miliardi e 35 milioni di euro. Di questi, 822 milioni, giusto il 16%, è a carico delle aziende sanitarie della Campania e oltre 565 milioni, pari all’11%, pesano invece sulle spalle delle Asl e degli ospedali del Lazio. E ancora: Piemonte 464 mln; Calabria 451 mln.; Emilia Romagna 432 mln.; Veneto 390 mln.; Puglia 363 mln.; Toscana 350 mln.; Lombardia 270 mln.; Sicilia 255 mln.; Liguria 119 mln.; Abruzzo 112 mln.; Sardegna 111 mln.; Molise 109 mln.; Marche 73 mln.; Umbria 45 mln.; Friuli Venezia Giulia 42 mln.; Basilicata e Trentino Alto Adige 24 mln.; Valle d’Aosta 4 mln. Lo stallo politico che si è venuto a creare dopo il risultato delle urne e l’incertezza nel formare il nuovo governo non sembrano facilitare uno soluzione al problema. “Ci auguriamo – afferma il presidente Assobiomedica, Stefano Rimondi – che il Governo si formi nel più breve tempo possibile e risolva il problema dei pagamenti della Pubblica amministrazione, dando ossigeno alle imprese, ormai soffocate dal credit cruch. Il Servizio sanitario nazionale – aggiunge – ha bisogno di tecnologie innovative che diano ai cittadini le prestazioni migliori e le imprese biomedicali vogliono dare il loro contributo per una sanità efficace ed efficiente. Purtroppo – conclude Rimondi – i tagli lineari e i ritardati pagamenti hanno invece costretto molte aziende a ridurre gli investimenti in ricerca e a tagliare posti di lavoro invece di creare sviluppo e innovazione per il rilancio della nostra economia”.

Fonte: www.adnkronos.com

Pubblicato da G.C.

Informatore Scientifico del Farmaco

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