Crisi. Farmindustria: “Dal 2006 persi 11.000 posti di lavoro”

Il 2012 si è chiuso con una flessione della produzione, una tendenza confermata a inizio 2013. L’occupazione è in calo (-1.5% in media nel 2012 e -3% nell’ultima parte dell’anno) con previsioni analoghe per il futuro. Il quadro a Bologna nella seconda tappa del tour promosso da Farmindustria.

18 APR – L’industria farmaceutica è un tutt’uno con il suo indotto hi tech. Il collante è dato dalla tecnologia che unisce le imprese del farmaco e quelle che producono macchinari, fiale, blister e tutto il necessario per la loro attività industriale. Due mondi sinergici cresciuti in Italia in decenni di reciproca collaborazione fino ad esprimere eccellenze riconosciute a livello internazionale e a contare insieme 124 mila addetti (pari a quelli dell’industria tessile). Pharmintech ne è una vetrina importante: una fiera che si è conquistata un posto di rilievo in questa area, in una città che vede la presenza di campioni globali dell’indotto di qualità. E proprio all’interno di Pharmintech si è svolta oggi la seconda tappa del tour promosso da Farmindustria, “Produzione di Valore. L’industria del farmaco: un patrimonio che l’Italia non può perdere”. Un evento che ha lo scopo di presentare il ruolo dell’industria farmaceutica per il nostro Paese e per i singoli territori.

Al primo posto in Italia nella classifica di competitività dei settori industriali, per produttività e per intensità di R&S e al secondo posto in Europa (dopo la Germania) per capacità produttiva. Sono dati che evidenziano la vivacità e l’importanza per la manifattura del Paese dell’industria farmaceutica. Con una presenza di aziende a capitale nazionale (40% del totale) e internazionale (60%), le imprese del farmaco possono contribuire significativamente alla ripresa, grazie ai 2,4 miliardi di investimenti annui in impianti tecnologici (1,2) e ricerca (1,2), al 67% di esportazioni rispetto a una produzione di 26 miliardi, ai 64.000 addetti altamente qualificati (per il 90% laureati o diplomati), alle 174 fabbriche sul territorio. L’Italia compare anche due volte nella classifica dei primi 10 cluster di eccellenza farmaceutica in Europa, con la Lombardia al secondo posto e il Lazio al sesto (fonte Boston Consulting Group, BCG). Anche in Emilia Romagna, le imprese del farmaco rappresentano una realtà significativa con 3.400 addetti (soprattutto a Parma, Bologna, Modena) e una presenza produttiva e di Ricerca legata a importanti aziende italiane, sempre più internazionalizzate e a grandi imprese a capitale estero.

Un indotto di qualità e la produzione conto terzi. I risultati dell’industria farmaceutica derivano anche dall’indotto hi tech. Un network che ha un valore superiore a quello delle due realtà prese separatamente. Le aziende dell’indotto, con le loro soluzioni hi tech, rappresentano parte importante dell’eccellenza delle imprese del farmaco grazie alla loro capacità di fare rete e alla loro competitività internazionale. L’ indotto impiega circa 60.000 occupati e vanta un export che può raggiungere il 95% della produzione.
Le imprese del farmaco possono contare anche su un contract manufacturing in espansione. Un fenomeno sviluppato sulla base di risorse specializzate, di comprovata qualità dei prodotti ed elevata efficienza degli stabilimenti di produzione, che occupa 2.700 addetti e investe 60 milioni all’anno, come mostrano i dati del gruppo Produttori Conto Terzi di Farmindustria.

Anche per la Farmaceutica una fase economica difficile. Successi sì, ma in un Paese che attraversa una profonda crisi, che tocca anche l’industria farmaceutica con un calo dell’occupazione di circa 11 mila lavoratori a partire dal 2006 e con previsioni analoghe nei prossimi anni. E con una serie di provvedimenti costati alle aziende 11 miliardi tra il 2007 e il 2011. Da sommare agli altri 4,2 miliardi all’anno in media dal 2012 al 2014 per effetto della spending review.
I tempi di lancio dei farmaci innovativi sono lunghi (12 mesi dopo l’autorizzazione europea e altri 12 per l’accesso a livello regionale). E i pagamenti della P.A. sono in media di 250 giorni, con punte di oltre 600, per un credito totale vantato dalle imprese di 4 miliardi (circa il 30% del fatturato a ricavo industria derivante della spesa pubblica). Senza dimenticare il calo degli studi clinici, un trend più intenso in Italia che negli altri big Ue (fonte BCG) o gli altri ostacoli come ad esempio i costi spesso più alti per l’energia, i trasporti e la burocrazia. E il mercato interno in diminuzione (-2,7% nel 2012), con una produzione farmaceutica che senza la crescita dell’export sarebbe diminuita del 13% negli ultimi cinque anni e del 5% solo nel 2012 (dati Farmindustria).

Puntare sulla farmaceutica per rispondere alla crisi. Un’impasse che può essere superata puntando sui settori hi tech. L’Italia ha ancora le carte in regola per continuare ad avere un ruolo di primo piano nello scenario farmaceutico internazionale: lavoro qualificato, importanza del mercato, numerosità e qualità delle imprese presenti sul territorio, qualità e rapporti sinergici con i fornitori.
L’industria farmaceutica è uno dei pochi rimasti, in grado di crescere con il proprio export, negli ultimi 3 anni, del 35%, quasi il doppio che negli altri big Ue. E può ancora continuare ad offrire il proprio contributo.
Per dare slancio al made in Italy farmaceutico è quindi necessario assicurare stabilità al quadro regolatorio; garantire certezza al finanziamento della spesa farmaceutica pubblica e l’accesso ai nuovi prodotti su livelli pari a quelli degli altri big Ue.
Misure da accompagnare agli incentivi all’innovazione svolta in Italia, in particolare con la tutela del brevetto e il riconoscimento del marchio.

Fonte: www.quotidianosanita.it

Pubblicato da G.C.

Informatore Scientifico del Farmaco

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