Cuore in pericolo a causa dello smog

La qualità dell’aria influisce negativamente sulle probabilità di infarto.

Non solo problemi respiratori, lo smog aumenta anche il rischio di patologie cardiovascolari. A dirlo è uno studio del West-German Heart Center di Essen, in Germania, presentato al convegno Europrevent 2013 di Roma.
Basandosi su un campione di 4814 soggetti con età media di 60 anni, lo studio ha analizzato il livello di esposizione alle sostanze inquinanti grazie a modelli matematici. I medici hanno poi valutato le condizioni del cuore dei soggetti con delle tac dell’arteria aorta allo scopo di misurare il livello di calcificazione. Stando ai risultati, per ogni aumento del volume del particolato fino a 2,4 micrometri (il cosiddetto pm 2,5) il grado di calcificazione aumenta del 20,7 per cento, mentre per ogni 100 metri di maggiore prossimità alle strade la misura sale del 10 per cento.
Lo stesso rischio è confermato anche da una della London School of Hygiene and Tropical Medicine a firma del prof. Krishnan Bhaskaran.
Lo studio ha preso in esame circa 80 mila attacchi cardiaci fra il 2003 e il 2006, correlandoli con i livelli di inquinamento delle zone in cui si sono verificati, in questo caso 15 città dell’Inghilterra e del Galles. I risultati fanno emergere un nesso fra i livelli di PM10, biossido di zolfo, biossido di azoto, ozono e monossido di carbonio, che farebbero lievitare la probabilità di infarto del 15 per cento.
Un terzo studio dell’Università di Harvard, pubblicato su Circulation, si è concentrato sui danni causati all’organismo dall’inquinamento. Le sostanze chimiche generate dall’utilizzo di combustibili fossili, infatti, sono risultate capaci di danneggiare la funzionalità del cuore, minandone la capacità di inviare impulsi elettrici e modificando il tracciato che indica le condizioni di salute e funzionamento del principale muscolo umano.
L’indagine scientifico-clinica è stata condotta su 48 pazienti che erano stati recentemente ricoverati in ospedale per problemi cardiaci. Sono state riscontrate, nel corso di 10 mesi, modifiche nell’area cardiaca nota come ‘segmento ST’. Questa zona appariva, in gergo medico, depressa. Si tratta, cioè, di una situazione possibile spia di un insufficiente afflusso di sangue al cuore o di un’infiammazione a carico del muscolo cardiaco. “Il nostro studio – sottolinea Diane Gold, a capo della ricerca – offre una prova in più di come sia necessario stare alla larga dal traffico dopo essere stati dimessi dall’ospedale per problemi cardiaci, e non necessariamente per un infarto. Ora occorreranno ulteriori ricerche per capire come le particelle chimiche prodotte dallo smog riescono a modificare questa area cardiaca”.
E non è tutto. Le preoccupazioni, infatti, non riguardano solo chi fa i conti con un cuore malconcio. “Ci sono vari studi – ricorda David Newby, dell’università di Edimburgo – che mostrano come chi vive in una zona inquinata abbia maggiori probabilità di avere problemi cardiovascolari”. Pertanto, oltre a stare lontani dal traffico quando il cuore fa capricci, “dovremmo tutti sforzarci – sottolinea Newby – di ridurre l’inquinamento”.
La concentrazione di smog e fumi di scarico delle auto possono favorire anche l’ipertensione, uno dei principali fattori di rischio per il cuore. Lo rivela uno studio brasiliano presentato al XXV Congresso della Società europea di cardiologia (Esc), che ha riunito a Vienna oltre 25 mila specialisti.
È stato osservato, in maniera preoccupante, come il rischio sia indipendente dalla presenza di altri campanelli d’allarme come sovrappeso o vizio del fumo.
A rischiare di più sono coloro che trascorrono molte ore immersi nel traffico, come i vigili urbani.
Si rende opportuno quindi rivolgere maggiore attenzione agli ipertesi, disponendo attenti controlli quando l’inquinamento supera i livelli di guardia, in quanto i fumi sprigionati dal traffico possono contribuire a mantenere alta la pressione e anche a farla crescere ancora di più.
Questi risultati sono merito della Divisione di malattie polmonari dell’Università di San Paolo, coordinata dal dottor Ubiratan Santos, che ha monitorato proprio 48 vigili urbani di sesso maschile, sani e non fumatori, in servizio agli incroci e lungo le arterie più trafficate, misurandone la pressione sanguigna nell’arco di 24 ore. Ad un aumento degli inquinanti dispersi nell’aria, come il PM10, corrispondeva un significativo aumento della pressione, sia massima sia minima.

Fonte: http://www.italiasalute.it

Pubblicato da G.C.

Informatore Scientifico del Farmaco

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