DALLA MARIJUANA UNA PROTEZIONE CONTRO LE LESIONI CEREBRALI


I ricercatori israeliani dell’Università di Tel Aviv hanno scoperto che basse dosi di THC, il componente psicoattivo della marijuana, possono proteggere il cervello dai danni causati da lesioni, mancanza di ossigenazione (ipossia), convulsioni, tossicità da farmaci eccetera, che possono avere serie conseguenze sia come deficit cognitivi che gravi danni neurologici. Lo studio è stato pubblicato su Behavioural Brain Research and Experimental Brain Research. La scoperta è importante perché mostra come si possano sfruttare dosi molto basse di questo principio attivo, si parla di dosi inferiori di circa 1.000/10.000 volte quelle contenute in uno spinello, e tempi diversi: sia da uno a sette giorni prima della potenziale lesione, che da uno a tre giorni dopo la comparsa. L’azione avverrebbe sulle cellule cerebrali e preserva le funzioni cognitive nel tempo. Yosef Sarne della Tel Aviv University’s Adelson Center for the Biology of Addictive Diseases alla Sackler Faculty of Medicine e colleghi hanno riferito che questo tipo di trattamento può essere impiegato in molti casi di lesioni cerebrali risultando sicuro nel tempo. Nei primi test condotti dai ricercatori, il THC ha mostrato di avere un significativo impatto sulla segnalazione cellulare, prevenendo la morte delle cellule e, al contempo, promuovendo fattori di crescita. In seguito a questa scoperta, gli scienziati hanno condotto una serie di esperimenti volti a verificare la capacità neuroprotettiva di THC in risposta alle diverse lesioni cerebrali. Lo studio vero e proprio è stato poi condotto su modello animale, e i risultati hanno evidenziato che nel gruppo trattato con THC dopo aver subìto delle lesioni cerebrali, vi era una migliore risposta nei test comportamentali, cognitivi, di apprendimento e di memoria a 3-7 settimane dopo il trauma, rispetto al gruppo di controllo non trattato con THC. Oltre a ciò, nel gruppo trattato con THC si è riscontrato un aumento della presenza di sostanze chimiche neuroprotettive, sempre rispetto al gruppo di controllo. I ricercatori fanno tuttavia sapere che il basso dosaggio di THC è fondamentale per avviare questo processo, senza causare troppi danni iniziali. Secondo il professor Sarne, questo tipo di approccio terapeutico offre diversi vantaggi pratici per via del lungo periodo di tempo in cui può essere somministrato. Per cui non solo si possono trattare le lesioni cerebrali dopo l’avvenimento, ma anche per prevenire lesioni che possono verificarsi nel futuro. Ora, Sarne sta lavorando in collaborazione con il prof. Edith Hochhauser del Rabin Medical Center per testare la capacità di basse dosi di THC di evitare danni al cuore. I risultati preliminari hanno già indicato che la sostanza esplica un effetto protettivo nei casi di ischemia cardiaca, in cui il muscolo cardiaco riceve un insufficiente flusso sanguigno. Si aprono pertanto nuove vie terapeutiche sfruttando un principio attivo che è stato per molto tempo lontano dai laboratori scientifici per via della sua origine.

Fonte: http://www.sanitanews.it

Pubblicato da G.C.

Informatore Scientifico del Farmaco

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