A detta del datore di lavoro, questo comportamento “metteva a rischio la riservatezza dell’azienda stessa”. Il dipendente era stato reintegrato nell’azienda nel dicembre 2006. Contro la reintegra la società ha fatto ricorso in Cassazione, sostenendo che l’installazione del programma sul pc aziendale era tale da “ledere l’elemento fiduciario in modo irreversibile”. La sezione Lavoro ha bocciato la linea difensiva scelta dall’azienda e ha sottoscritto quanto già adffermato dal giudice d’appello, che aveva ritenuto l’operato del dipendente “non di gravità tale da giustificare l’adozione della sanzione espulsiva”.
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