L’inchiesta riguarda l’acquisto del 4% del Monte dei Paschi, avvenuto nel 2012. Sarebbe stato fatto utilizzando fondi “neri” accumulati in 30 anni dal patron Alberto
La procura di Firenze indaga sull’acquisto, nel 2012, di del 4% del Monte dei Paschi di Siena da parte della famiglia Aleotti, proprietaria del il gruppo farmaceutico Menarini. La partecipazione, costata 178 milioni, è recentemente scesa all’1% con una perdita dichiarata di 70 milioni. I magistrati fiorentini cercano di chiarire se il denaro utilizzato per l’acquisto delle azioni provenga dalla provvista di fondi “neri” accumulati in 30 anni dal patron Alberto Aleotti. Accuse che la famiglia ha sempre respinto e che avevano portato al sequestro di un miliardo e 120 milioni, poi annullato dal riesame e dalla Cassazione. “Siamo dispiaciuti ed amareggiati”, dicono gli Aleotti riguardo all’indagine: “Il nostro investimento in Mps è avvenuto per supportare con la nostra visione industriale la terza banca italiana, fortemente legata al territorio toscano dove abbiamo la nostra testa e il nostro cuore e al cui rilancio teniamo particolarmente. E’ stata un’operazione totalmente alla luce del sole comunicata ufficialmente alla Consob e agli organi di stampa”.
“Gli indagati ad oggi non hanno ricevuto nessun atto ufficiale, appare comunque almeno singolare che possa ipotizzarsi un reimpiego di denaro in una attività finanziaria, quale è l’acquisto di azioni Mps, quando si tratta di un flusso di denaro che non solo è stato oggetto di scudo fiscale, e quindi di emersione legale a tutti gli effetti, ma soprattutto si tratta di denari che, come è ben noto, per due volte sono stati sequestrati e per due volte dissequestrati per decisione della Cassazione”. Lo ha detto l’avvocato Alessandro Traversi, anche a nome del collegio difensivo della famiglia Aleotti proprietaria della multinazionale farmaceutica Menarini, a proposito degli accertamenti della procura di Firenze sull’acquisto del 4% di azioni di Mps nel 2012 da parte degli stessi Aleotti. “Dato e non concesso – ha continuato l’avvocato Traversi – che queste somme, come assume la procura, siano state oggetto di riciclaggio, non è possibile ipotizzare che le stesse somme di denaro diventino anche oggetto di reimpiego, perchè per giurisprudenza pacifica la loro utilizzazione successiva è considerata non punibile, si tratterebbe di un post fatto non punibile”. Secondo l’avvocato Traversi “ci deve essere un punto fermo, altrimenti nessuno, mai, nè nipoti nè pronipoti, potrebbe mai utilizzare questi denari”.
Fonte: http://firenze.repubblica.it