Proposta shock Cgil: “Massimale medici di famiglia da 1.500 a 1.000 assistiti”. Subito l’H24

E’ l’idea lanciata nel corso di un convegno in cui il sindacato ha presentato il progetto per “una riforma delle cure primarie che garantisca assistenza 24h e per 7 giorni a settimana”. Chiesta anche abolizione guardia medica e creazione di un ruolo unico. Il monito di Bissoni: “C’è un problema di risorse”.

26 GIU – Creare una rete assistenziale sul territorio in grado di farsi effettivamente carico dei bisogni dei cittadini e di gestirli garantendo a essi la continuità dell’assistenza orizzontale, nel tempo per 24 h e 7 giorni a settimana, e verticale nei vari bisogni assistenziali, dalla prevenzione alla riabilitazione. In sostanza, una radicale riforma dell’approccio alle cure primarie. E’ la richiesta lanciata dalla Cgil in occasione del convegno “Sanità – assistenza h24. L’assistenza socio sanitaria distrettuale e le nuove convenzioni per la medicina del territorio”, che si è svolto oggi a Roma presso la sede del sindacato in Corso Italia.

Una proposta che si fonda sull’abolizione della guardia medica e che punta sulla trasformazione di 13mila professionisti “che devono diventare medici di medicina generale a tutti gli effetti”. Contestualmente il sindacato chiede l’abbattimento del massimale di assistiti a 1000 per i medici di famiglia, “dato che attualmente il 23,7% ha in carico oltre 1500 assistiti”. In questo modo “circa 59mila medici, con un massimale a mille, potrebbero offrire cure migliori, liberare tempo necessario per le attività dei centri territoriali e rendere tutti i medici con lo stesso titolo e formazioni uguali”.

Sulla questione del massimale di pazienti Stefano Cecconi, responsabile per le Politiche della Salute della Cgil, ha spiegato che si tratta “di una proposta di massima, che verrà realizzata con interventi improntati al gradualismo e tramite una serie di operazioni compensative”. Non sarà infatti “un’operazione repentina, effettuata dalla sera alla mattina, in quanto avverrà per tappe con l’obiettivo di arrivare a un regime caratterizzato da un rapporto di uno a mille”.

Per la Cgil la realizzazione dei Centri territoriali h24 si fonda su alcune proposte operative da rivolgere alle Regioni e quindi alle Asl e ai Comuni. I modelli di riferimento sono “le buone pratiche già attuate, o in corso di attuazione, che caratterizzano Regioni come Emilia Romagna, Liguria, Toscana e Veneto grazie anche all’esperienza del progetto Casa della Salute”.

Il sindacato ha quindi elaborato alcuni punti fermi su cui impostare il progetto: strutturazione dei centri h24 in distretti sanitari e in sedi pubbliche come Case della Salute, poliambulatori e piccoli ospedali da riconvertire; garantire l’apertura di questi centri h24 per 7 giorni su 7 con almeno un medico di medicina generale e un infermiere sempre presenti; evitare privatizzazioni o appalti delle cure primarie; tendere a far coincidere gli ambiti territoriali di scelta con i centri territoriali per collegare il medico di fiducia non solo al cittadino ma anche al territorio dove egli vive. Nel complesso, l’idea è quella di organizzare strutture polifunzionali che includano “tutti i professionisti delle cure primarie: medici di generale, pediatri, specialisti ambulatoriali, infermieri, ostetriche, psicologi, figure amministrative, etc”.

In base all’analisi della Cgil, “un territorio riformato, secondo questi principi, produce inevitabilmente una redistribuzione di competenze assistenziali anche con l’ospedale. Ne deriva una ottimizzazione dell’uso delle risorse. E sarebbe una risposta positiva anche alla insostenibilità, economica e assistenziale, di una componente inappropriata dell’assistenza ospedaliera”.

Una riforma delle cure primarie è “necessaria, perché l’ospedale non può più essere considerato l’unica risposta – ha aggiunto Cecconi – Bisogna organizzare un’offerta che sia visibile sul territorio, tenendo conto che la nostra proposta si basa su investimenti che verrebbero ampiamente ripagati in termini di appropriatezza di spesa”. Per la Cgil la priorità consiste quindi nella definizione di un nuovo approccio, che “riparta dal territorio – ha affermato Nicola Preiti, coordinatore medicina generale Fp Medici – In quest’ottica il territorio non può essere considerato una mera appendice dell’ospedale, perché si tratta di un’idea ormai obsoleta, ma va organizzato in maniera attiva”. E sui centri h24 “l’obiettivo è l’integrazione di differenti professionalità, senza bisogno di aggiungerne di nuove, ma redistribuendo i carichi di lavoro”.

All’interno di questo contesto, bisogna però “tener presente che il problema principale è quella relativo alle risorse – ha sottolineato Giovanni Bissoni, presidente Agenas – E’ per questo che le strutture h24 vanno considerati come dei modelli di presa in carico, ma non è pensabile avere Case delle salute realmente aperte e operative 24 ore su 24”. Nel complesso, Bissoni ha poi evidenziato che “c’è effettivamente un problema di accessibilità ai servizi territoriali e di continuità assistenziale”.

Costruire una nuova impostazione perché “le cure territoriali non costituiscono più soltanto una priorità, ma rappresentano una vera e propria emergenza – ha chiesto Francesca Moccia, vicesegretario generale di Cittadinanzattiva – Esiste poi anche un problema di scarsa integrazione con gli specialisti, soprattutto in relazione ai malati cronici. Sono questi gli aspetti da cui ripartire per innescare un cambiamento che sia davvero virtuoso”.

Fonte: www.quotidianosanita.it

Pubblicato da G.C.

Informatore Scientifico del Farmaco

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