Stamina. Nature, nuovo affondo: “Italia usa malati terminali come cavie da laboratorio”


L’editoriale della rivista è al vetriolo e ne ha per tutti, dal Parlamento al Vaticano. L’informazione sulle staminali in Italia è una “performance coreografica”. Nel paese “si sta giocando con le speranze dei malati” e “si usano cavie umane per bypassare le regole”. E poi c’è troppa confuzione nell’informazione.

17 APR – Non si può certo dire che Nature non abbia preso a cuore la vicenda italiana riguardo l’uso di terapie – o presunte tali – basate sull’uso di cellule staminali. Dopo l’articolo di qualche settimana fa che si scagliava contro la vicenda Stamina, in questi giorni sulla prestigiosa rivista statunitense è apparso un nuovo editoriale, che ne ha per tutti, compreso Parlamento italiano e Stato del Vaticano. Il motivo è che secondo la rivista in questi mesi in Italia si son fatte false promesse, giocando con la speranza dei pazienti, fino ad arrivare a scherzare con le loro vite. Anzi, la rivista usa ancor meno mezzi termini: “non si può usare i pazienti terminali come animali da laboratorio, come il Parlamento italiano sembra voler fare”, si legge nell’editoriale.

La vicenda è quella di Stamina Foundation e del suo trattamento alle staminali mai testato per efficacia e sicurezza, che però grazie a una legge italiana viene utilizzato “in modo compassionevole” su pazienti terminali con malattie incurabili. Grande la presa psicologica ed emotiva sull’opinione pubblica, anche perché molti di questi malati sono bambini, ma poche le evidenze scientifiche del valore della terapia. O meglio, quasi nessuna, tanto che 13 scienziati italiani avevano mandato già il mese scorso una lettera aperta al Ministro Balduzzi per tentare di convincerlo a non autorizzare i centri di ricerca a continuare ad applicare il metodo, nemmeno sui pazienti già in trattamento.
“Pura alchimia” l’aveva chiamato nell’intervista di marzo sempre su Nature Elena Cattaneo, ricercatrice proprio nell’ambito delle cellule staminali all’Università di Milano, sostenuta da numerosi colleghi italiani e internazionali: qualche giorno fa addirittura l’ultimo premio Nobel per la medicina, Shinya Yamanaka, padre delle staminali pluripotenti indotte e dunque non proprio digiuno di questi temi, aveva aggiunto alle critiche già espresse sul trattamento e sulla decisione italiana di non sospenderlo, anche un lungo commento, rilasciato in una nota della Società internazionale per la ricerca sulle cellule staminali (Isscr) di cui è presidente. Il cuore del comunicato è facilmente riassumibile da alcune frasi che si leggono in esso: “La decisione di somministrare un trattamento non dovrebbe essere presa al di fuori di una sperimentazione clinica controllata, senza dati sulla sicurezza e l’efficacia” o ancora “l’Isscr ritiene che le cure compassionevoli e innovative siano importanti, ma trattamenti non testati dovrebbero essere offerti fuori dai trial clinici solo in circostanze limitate, laddove ci sia una fondata ragione teorica per credere che i pazienti possano trarne beneficio”, che questa volta non ci sono.

In realtà, però, nel nuovo editoriale di Nature tutta la vicenda Stamina Foundation funge più da cornice che non da soggetto. Il punto della questione, secondo la rivista statunitense è più la confusione e la cattiva informazione che si fa in Italia sulle cellule staminali e le terapie che le usano. E in particolare che gli autori e i sostenitori di metodi come Stamina sostengono di stare promuovendo la traduzione in terapie cliniche della ricerca sulle staminali, in modo che si possano trattare malattie al momento incurabili, ma “niente potrebbe essere più lontano dalla realtà”, secondo Nature.

In particolare, sul banco degli imputati c’è il secondo International Vatican Adult Stem Cell meeting, che si è tenuto la settimana scorsa in Vaticano. Una “performance con tanto di coreografia”, la definisce l’editoriale, in cui “bambini malati sono stati portati in parata in televisione, a fianco di aziende che lavorano con le cellule staminali e scienziati disperati, pronti a tutto per far sì che le proprie terapie arrivino all’uso clinico”. Un evento che non a caso ha luogo nello Stato della Chiesa, dice l’editoriale: “Le staminali adulte sono particolarmente interessanti per il Vaticano semplicemente perché non hanno nulla a che fare con gli embrioni. Peccato che vengano promosse senza preoccuparsi di stare dando ai pazienti e alle famiglie speranze che potrebbero risultare false”.
Senza contare che in questo scenario la discussione è stata presentata in maniera da sembrare una “lotta di ragione e giustizia contro la comunità accademica insensibile e intransigente”, dice Nature.
E invece, è tutto il contrario. “Molti scienziati in tutto il mondo sono sconcertati dagli eventi che si stanno susseguendo a Roma, ed hanno ragione”, è l’affondo più coinvolto e accorato della rivista statunitense, che continua: “È sbagliato cavalcare la disperazione degli invalidi e dei malati terminali per sollevare false speranze di cure veloci, come la conferenza in Vaticano vorrebbe fare. Ed è sbagliato anche tentare di usare questi pazienti come animali da esperimento, per bypassare l’approvazione di enti regolatori, come sembrerebbe voler fare il Parlamento Italiano”.

Il convegno infatti, dice Nature, avveniva a brevissima distanza anche dall’attacco del Parlamento alla sicurezza dei pazienti terminali. Dopo che il Senato ha approvato a inizio mese il decreto che prevede che chi abbia già iniziato la cura con il metodo Stamina possa proseguire la terapia, Nature supplica infatti la Camera dei Deputati a ragionare bene il voto, prima di approvare delle norme che vanno in direzione contraria sia alle disposizioni dell’Agenzia Europea del farmaco che a quelle del suo corrispettivo statunitense, l’Fda, secondo le quali le staminali modificate devono essere sottoposte agli stessi controlli e ottenere le stesse autorizzazioni di tutti gli altri farmaci. “La seconda camera parlamentare deve ascoltare il parere indipendente degli esperti prima di votare per una deregolamentazione delle terapie con staminali”, spiega la rivista.

E non si tratta di voler rallentare o addirittura ostacolare le cure, precisa l’editoriale. “Dato il peso sociale delle malattie incurabili – si legge – poter portare rapidamente le terapie dallo sviluppo alla pratica clinica è cruciale. Ma non siamo ancora arrivati al punto di poterlo fare: c’è bisogno di ulteriore ricerca, perché questi trattamenti possano essere definiti sicuri”.
Insomma: è probabile che le staminali potranno in futuro effettivamente aiutare a sviluppare trattamenti efficaci e sicuri per malattie oggi incurabili. Solo che ancora non siamo arrivati a quel punto della ricerca. “E non basta una fumata bianca in Vaticano, in questo caso”, conclude Nature.

Laura Berardi

Fonte: www.quotidianosanita.it

Pubblicato da G.C.

Informatore Scientifico del Farmaco

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