Un cerotto contro il cancro alla prostata

Per rallentare la crescita di un tumore alla prostata e riuscire anche a ridurlo potrebbe bastare un cerotto, per la precisione uno di quelli che si usano per contrastare nelle donne i sintomi della menopausa e che rilascia estrogeni per via transdermica. Al momento è ancora tutto in fase sperimentale, ma i risultati di uno studio del londinese Imperial College, apparsi recentemente sulla prestigiosa rivista Lancet Oncology, sembrano promettenti.
CURE: PRO E CONTRO – Lo scopo dei ricercatori britannici sarebbe quello di trovare un metodo alternativo a quelli attualmente in uso, efficaci ma non privi di effetti collaterali, per rallentare la progressione della malattia e cercare di ridurre il tumore nei pazienti con un cancro alla prostata già in fase avanzata. La strategia è sempre la stessa: abbassare i livelli di testosterone, ormone legato alla crescita di questo tipo di neoplasia. Due i metodi finora adottati per raggiungere tale risultato: somministrare ai malati estrogeni sottoforma di pillole o iniettare nei pazienti una sostanza chiamata “analogo dell’ormone che rilascia l’ormone luteinizzante”(LHRHa). Queste procedure però, seppur efficaci nel ridurre la concentrazione di testosterone, producono una serie di effetti collaterali: rischio di formazione di coaguli sanguigni con conseguente pericolo di ictus la prima e diabete e osteoporosi la seconda. “Abbiamo cercato di ideare un trattamento”, dichiara Paul Abel, urologo all’Imperial College e autore della ricerca, “che sommasse l’efficacia alla sicurezza in modo da tutelare il più possibile la salute dei pazienti”.
LO STUDIO – Da qui l’idea di provare a somministrare a chi è stato colpito da un tumore alla prostata estrogeni per via transdermica, utilizzando quei cerotti che, rilasciando ormoni attraverso la pelle, aiutano ad alleviare i sintomi delle donne in menopausa. La sperimentazione è stata condotta su oltre 250 pazienti con cancro alla prostata in fase avanzata, alcuni sono stati trattati con tradizionali iniezioni di LHRHa mentre ad altri venivano periodicamente applicati cerotti transdermici rilascianti estrogeni. “L’effetto sui livelli di testosterone”, afferma l’urologo inglese, “si è dimostrato perfettamente sovrapponibile nei due metodi; i cerotti sembrano efficaci quanto le iniezioni senza però provocare i loro effetti collaterali”. In più, dopo un anno di trattamento, chi era in cura con LHRHa presentava livelli di glucosio e colesterolo nel sangue più alti rispetto a chi utilizzava i cerotti. Questi ultimi poi, contrariamente a quanto accade nella somministrazione orale, evitano che gli estrogeni arrivino in alte concentrazioni nel fegato, condizione, secondo gli esperti, causa di potenziali effetti collaterali dannosi.
PROSPETTIVE – Ridurre però i livelli di testosterone con i cerotti transdermici è efficace quanto le terapie oggi in uso nel fermare la crescita tumorale? E le possibili complicazioni, anche a lungo termine, sono limitate a un gonfiore al petto e a un’irritazione della pelle come rilevato dalle indagini fatte finora? Una nuova ricerca di Abel e colleghi, già in corso su oltre 600 pazienti, potrebbe fornire qualche risposta a tali domande già alla fine di quest’anno.
CRISTINA GAVIRAGHI

Fonte: www.healthdesk.it

Pubblicato da G.C.

Informatore Scientifico del Farmaco

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