“L’uomo che ha sparato prendeva una sostanza che può scatenare desideri di morte”
Un fatto è certo nel mistero che in parte ancora avvolge il dramma di martedì scorso alle porte di Torino. Anzi due, mentre si cerca un perché a una tragedia che appare inaccettabile: «Le persone più vulnerabili, già soggette a crisi depressive e d’ansia, sono maggiormente a rischio rispetto a chi non ha mai sofferto di tali disturbi». Ma soprattutto, e questo è un dettaglio molto importante per l’inchiesta, «chi è predisposto alla depressione e segue una terapia a base di interferone alfa deve essere tenuto costantemente sotto controllo, anche da uno psichiatra».
Segnali premonitori
Daniele Garattini, 57 anni, aveva manifestato segnali di una depressione così profonda prima di compiere la strage e poi uccidersi con una coltellata al cuore? «Solitamente – prosegue il dottor Vannucchi – il campanello d’allarme è l’irritabilità, il diventare cupo, o il rispondere improvvisamente male e in modo violento alle domande». Tra i sintomi dell’instabilità emotiva che si può scatenare, «c’è anche il desiderio del suicidio, che non significa necessariamente cercare la morte, ma anche soltanto pensare alla possibilità di uccidersi». Garattini, dopo la strage, si è ammazzato.
Gli ultimi giorni
L’inchiesta sta ricostruendo gli ultimi mesi, le ultime settimane, fino agli ultimi giorni e minuti della vita di Garattini, ex rappresentante di moda rimasto senza un posto alcuni mesi fa. A partire proprio dal lavoro, per arrivare al clima in casa.
Vicini di casa e amici della famiglia Garattini si domandano sconvolti come sia possibile spiegare e accettare una tragedia simile. Che papà Daniele vivesse un momento particolarmente difficile della propria vita lo testimoniano in modo inequivocabile gli ultimi sms inviati da mamma Letizia, 54 anni, alla figlia Giulia, di 21, l’ultima a morire, in ospedale: «Ti ringrazio per quello che stai facendo per noi, della comprensione che hai per le condizioni di papà». Parole che sono forse segnali del malessere che stava divorando Garattini: «Devi avere pazienza, papà dovrà sostenere al atri esami (dopo la diagnosi recente di epatite C, ndr), per questo è nervoso».
Forse Daniele Garattini non era soltanto «nervoso». E forse a renderlo così era – paradossalmente – quel farmaco che mal tollerava e che invece avrebbe dovuto farlo sentire meglio.
«Nella mia lunga esperienza – sottolinea il dottor Vannucchi, tornando al pericolo dell’interferone alfa – ho dovuto sospendere buona parte dei trattamenti, perché comparivano i primi segnali di depressione. Per questo è fondamentale che i pazienti siano tenuti sotto controllo, non solo per tutto il periodo della somministrazione, ma per un certo periodo anche terminata la cura».
Fonte: lastampa.it